Grazie all’intervento di IPA SpA, una società del casertano è riuscita ad ottenere la revoca dell’interdittiva antimafia. Per motivi di privacy chiameremo la società Alfa Spa.
La società Alfa Spa opera prevalentemente nel settore legato al ciclo dei rifiuti e, in particolare, svolge attività di trasporto del rifiuto e non, e attività di igiene urbana tramite appalto di enti pubblici e/o aziende municipalizzate, e/o multiutilities o aziende private.
Nel dicembre 2017, la società Alfa Spa, dopo aver richiesto l’iscrizione nell’elenco dei fornitori e prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 1, comma 52, l. n. 190/2012, e in seguito al diniego della propria istanza di iscrizione alla c.d. white list, era stata, sulla scorta del medesimo impianto motivazionale, destinataria di interdittiva antimafia.
Nello specifico, il Prefetto emetteva l’interdittiva antimafia sul presupposto dell’esistenza di rapporti economici, di parentela e di frequentazione tra la società e personaggi direttamente riconducibili al clan dei casalesi. Il Prefetto ravvisava, ancora, elementi indiziari utili a delineare la possibilità di condizionamento dell’impresa, prospettandosi la sussistenza del pericolo delle infiltrazioni mafiose nella società in questione.
Nello stesso mese di dicembre 2017, il Prefetto procedeva, poi, alla nomina di un Commissario Straordinario ai sensi dell’art. 32, comma 10 l. n. 114/14, per gli appalti pubblici che la Alfa Spa aveva in essere.
La società Alfa Spa, tuttavia, impugnando l’interdittiva antimafia, instava il Tribunale delle misure di prevenzione per l’accesso alla misura del controllo giudiziario ex art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011.
Il Tribunale, pertanto, a giugno 2018, ammetteva la società Alfa Spa alla procedura di controllo giudiziario ex art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011 per la durata di due anni, prospettandosi, in tal modo, la sospensione della misura di commissariamento.
Il Tribunale, in particolare, riteneva che gli aspetti di criticità che avevano interessato la società ricorrente e i soci della stessa si potessero riflettere, anche in considerazione del settore di interesse dell’azienda, quali segnali di una concreta agevolazione del clan camorristico dei casalesi, ma che, tuttavia, tale agevolazione potesse ritenersi occasionale.
Tra le varie disposizioni impartite alla società dal Tribunale, vi era l’obbligo per l’amministratore della società di adottare, se ancora mancanti, ed attuare efficacemente idonee misure organizzative ai sensi del d.lgs. n. 231/2001. Il documento relativo al modello organizzativo di gestione e controllo della Alfa Spa di fatto esisteva in società sin da ottobre 2015, tuttavia, quale documento meramente formale.
La società, pertanto, provvedeva nel corso dell’anno 2019 all’adozione del Modello 231, nonché alla nomina dell’Organismo di Vigilanza. Si precisa che, in tale circostanza, la società, purtroppo, non incaricando adeguati consulenti aziendali, non è stata capace di individuare le giuste procedure da mettere in campo per arginare il rischio di infiltrazione mafiosa e per prevenire eventuali fenomeni corruttivi.
Nonostante, infatti, la società Alfa Spa avesse incaricato dei consulenti compliance, il modello di organizzazione, gestione e controllo adottato dalla società, riscontrava alcune criticità, che andavano necessariamente sanate, al fine di garantire l’efficacia e l’adeguatezza del modello alla prevenzione del rischio reato.
Sotto il profilo strettamente normativo, una prima criticità si riscontrava nell’individuazione dei reati presupposto previsti dal d.lgs. n. 231/01. Il modello risultava, infatti, sostanzialmente aggiornato all’anno 2017.
Il modello non risultava, altresì, caratterizzare l’intero assetto organizzativo aziendale, lasciando inalterata la necessità di definire specifici presidi di controllo e inficiando, per intere Funzioni aziendali e ambiti di operatività, il fine-ultimo del sistema di prevenzione ex d.lgs. n. 231/01. Tale deficit redazionale del modello risultava essere dovuto alla predetta selezione dei reati presupposto e a una mancata considerazione complessiva di tutte le aree sensibili al rischio reato, creando patologiche e pericolose zone franche che andavano a minare la tenuta dell’esimente 231.
Nondimeno, la criticità più rilevante risultava essere l’eccessiva astrattezza sia dei protocolli posti a presidio dei processi individuati come “sensibili”, sia delle Funzioni aziendali coinvolte.
Le parti speciali del modello erano strutturate come una mera elencazione dei reati, delle aree a rischio e dei sistemi di controllo, integrati con un’elencazione generica dei principi di comportamento. Risultava essere del tutto assente l’individuazione delle singole Funzioni aziendali coinvolte nei processi; mentre veniva individuata, solo astrattamente, la figura del responsabile interno senza dar modo, quindi, agli ulteriori soggetti intranei alla società o all’Organismo di Vigilanza di individuare chi effettivamente risultava responsabile dell’area a rischio reato.
L’assetto organizzativo della società era, infatti, del tutto inadeguato: non vi era una chiara identificazione delle funzioni aziendali, dei compiti, deleghe e responsabilità, poteri autorizzativi e firma. A dimostrazione di quanto appena detto era la mancata dotazione da parte della società di deleghe e organigrammi formalizzati. La struttura organizzativa era piatta: il potere decisionale e il controllo era accentrato nelle mani dell’amministratore unico.
Per intraprendere questo percorso ai fini della fuoriuscita dalla misura di controllo giudiziario, la società avrebbe dovuto rivoluzionare il proprio assetto organizzativo.
Il Tribunale, pertanto, ritenendo sussistenti le condizioni per chiudere la fase del controllo giudiziario senza una piena ed effettiva liberazione della società, disponeva a giugno 2020, al contrario, la sua amministrazione giudiziaria ai sensi dell’art. 34 d.lgs. n. 159/2011 proprio come sviluppo ed evoluzione della misura già disposta, per la durata di un anno.
Le criticità evidenziate nell’informativa antimafia erano per il Tribunale del tutto superate, restavano, tuttavia, forte perplessità legate al core business della società, sia perché di forte interesse ed attrazione per la criminalità organizzata sia per le modalità di esercizio dell’attività stessa, stante le invitabili implicazioni di carattere pubblicistico avendo la società rapporti esclusivamente con le stazioni appaltanti.
La applicata misura ex art. 34 d.lgs. n. 159/2011 consente, infatti, un intervento nella gestione societaria commisurato agli obiettivi di rilegalizzazione societaria tipici delle misure di prevenzione non ablative senza il totale impossessamento degli organi gestori.
L’obiettivo della misura è quello della bonifica aziendale, permettendo all’amministratore giudiziario di sostituirsi nei diritti spettanti ai soci ma lasciando il normale esercizio d’impresa, dovendo in particolare l’intervento concentrarsi sulla verifica delle modalità di partecipazione agli appalti.
A questo punto, la società Alfa Spa, impegnandosi in maniera più attiva, ha elaborato un piano di azione compliance, conferendo a IPA SpA sia l’incarico per l’aggiornamento del modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231/01 sia l’incarico per realizzare le attività preliminari e propedeutiche all’ottenimento della Certificazione ISO 37001.
Oltre all’aggiornamento del modello di organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231/01, per l’attività svolta dalla Alfa Spa e per i fatti giudiziari accaduti (interdittiva antimafia e controllo giudiziario ex art. 34-bis d.lgs. n. 159/2011), IPA ha consigliato alla società di adottare specifiche procedure aziendali volte a prevenire specificamente il rischio di tentativi di infiltrazione o condizionamento mafiosi.
Il Modello 231 e le connesse procedure, così implementate, permettono, senza dubbio, un migliore controllo da parte della società su tutte le comunicazioni potenzialmente illecite, garantendo una maggiore trasparenza, ovvero una corretta individuazione delle responsabilità e delle funzioni a tutela dell’integrità e della reputazione aziendale.
Grazie al percorso intrapreso, la società ha potuto, altresì, definire e implementare un sistema di gestione per la prevenzione della corruzione. La società Alfa Spa è riuscita, infatti, ad ottenere a febbraio 2021 la Certificazione ISO 37001.
Successivamente nel corso del 2021, la società ha ritenuto opportuno effettuare un ulteriore upgrade del MOGC 231/01 attraverso l’adozione di ulteriori procedure a completamento di tutte le attività a rischio. La Alfa Spa ha, altresì, incaricato IPA sia per l’assistenza continua e affiancamento alla figura “Responsabile anticorruzione” sia per condurre la due diligence reputazionale con riferimento a fornitori, clienti e dipendenti.
A giugno 2021, il Tribunale, preso atto del percorso virtuoso portato al termine dell’azienda, prorogava per ulteriori sei mesi misura ex art. 34 del Codice Antimafia al fine di valutare al meglio l’effettiva applicazione del Modello e delle procedure adottate.
Ad ottobre 2021, la società, al fine di migliorare il proprio assetto organizzativo e permettere una maggiore segregazione delle funzioni, ha effettuato il cambio di board della società, con la sostituzione dell’originario amministratore delegato con un consiglio di amministrazione fatto di professionisti quale elemento di discontinuità nell’ambito gestionale.
Con decreto di revoca del 26 gennaio 2022, il tribunale ha, pertanto, revocato la misura de quo disponendo il ritorno in bonis della società dichiarando di ritenere concluso positivamente il processo di pieno recupero alla legalità con l’adozione di efficaci strumenti di controllo e prevenzione soprattutto in materia di reati contro la pubblica amministrazione e in materia ambientale e affermando, altresì, che il modello organizzativo di gestione e controllo adottato dalla società è assolutamente adeguato rispetto alle finalità di controllo del rischio, efficienza nei processi organizzativi, trasparenza e tutela dell’ente cui è preordinato.
A marzo 2022, a seguito della revoca della misura e del percorso virtuoso di revisione della propria compliance aziendale finalizzato a riorientare la governance e a migliorare gli standard di legalità e trasparenza, la società Alfa Spa ha ottenuto l’iscrizione nella White List avendo la Prefettura di Caserta revocato l’interdittiva.
È evidente, pertanto, come sia importante per l’impresa destinataria di interdittiva attivarsi sin da subito, avvalendosi di consulenti specializzati, al fine di intraprendere sia un percorso giuridico-amministrativo sia un percorso di compliance che mitighi i rischi di infiltrazione mafiosa.
Sempre più diffuse sono le strategie di infiltrazione mafiosa sul territorio tramite l’investimento e l’avvio di rapporti commerciali con imprese legali attraverso la fornitura di servizi in subappalto. Il rischio di infiltrazione mafiosa e la corruzione, non solo dei propri dipendenti e dirigenti, ma anche dei propri clienti e fornitori possono danneggiare la reputazione di un’azienda.
Ieri la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto il controllo giudiziario in base all’art.34 del codice antimafia della filiale italiana di DB Schenker, multinazionale tedesca della logistica e dei trasporti con settantamila dipendenti e oltre duemila sedi nel mondo .... (continua)
La recente inchiesta “Mazzetta Sicula” degli inquirenti di Catania ha visto l’emissione di 9 misure cautelari e ingenti sequestri per oltre 110 milioni di euro, nell’ambito della gestione dei rifiuti nella discarica di Lentini, con il coinvolgimento di funzionari pubblici. Nelle ore successive a Torino l’autorità giudiziaria ha dato il via all’operazione “Molosso” a seguito dell’indagine della Guardia di Finanza sulla sanità piemontese che ha visto 19 indagati e perquisizioni in una trentina di ospedali, Asl, aziende e abitazioni private....(continua)
L’art. 353-bis c.p. rubricato - Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente - stabilisce che “salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente, al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”.
Le condotte incriminate, pertanto, sono quelle volte a impedire che la partecipazione ad una “gara”, o la semplice aspirazione a parteciparvi, avvenga nel pieno rispetto delle regole che disciplinano il mercato della libera concorrenza, al fine di favorire non solo gli interessi della Pubblica Amministrazione a stipulare un contratto realmente vantaggioso, ma anche gli interessi di privati che vantino un legittimo interesse a competere secondo correttezza, garantendo, in tal modo, il rispetto della procedura, la libertà di partecipazione alla gara e il competitivo svolgimento dell'intero iter selettivo.
Giova premettere come, nonostante il reato di cui all’art. 353-bis c.p. non sia indicato fra i reati presupposto del D.lgs. 231/2001, le fattispecie connesse alla turbata libertà di scelta del contraente presentano, per così dire, aspetti anticipatori rispetto agli altri reati contro la pubblica amministrazione previsti fra le condotte rilevanti della responsabilità amministrativa degli enti e delle persone giuridiche.
In effetti, l’attuale collocazione sistematica della fattispecie di cui all’art. 353-bis c.p. è tra i reati contro la P.A., ove il bene giuridico tutelato dalla norma viene individuato, oltre che nel regolare svolgimento delle gare, anche nell’interesse a che la gara - preludio della stipula di un contratto vincolante per la P.A. - si svolga in modo tale da garantirne la correttezza e trasparenza, nel pieno rispetto della libertà di concorrenza.
Sebbene il reato di turbativa di cui all’art. 353-bis c.p. non rientri direttamente tra i reati presupposto del d.lgs. 231/01, le condotte che ne definiscono l’elemento oggettivo sono per loro natura prossime al rischio di altre fattispecie delittuose invece inserite nel catalogo di cui al decreto medesimo: basti pensare al reato di corruzione.
Il Modello 231/01, in particolare quello delle società che prestano servizi alla P.A., dovrebbe efficacemente ed efficientemente individuare ogni attività sensibile al rischio di commissione del reato di cui all’art. 353-bis c.p. e prevedere l’esistenza di procedure/protocolli aziendali adeguati, volti a mitigare il rischio di commissione dell’illecito previsto.
All'uopo, le Società dovrebbero, quindi, predisporre misure correttive per prevenire la commissione del reato in questione quali, ad esempio: (i) la redazione di procedure e l'adozione di specifici presidi di controllo nelle aree delle gare d'appalto, con particolare riferimento al market access ed al rischio della possibilità di esercitare pressioni (indebite) sulla formazione del bando di gara; (ii) processi di tracciatura degli incontri con esponenti della P.A.
Misure di prevenzione ulteriori, che le imprese possono adottare, sono rappresentate dal controllo sulla formazione dei prezzi contenuti nelle offerte economiche, dal divieto di operazioni in contanti che permetterebbero in prima battuta la formazione di fondi riserva "off the records" dai quali attingere per remunerare la controparte collusa, la predisposizione di presidi in merito al controllo dei dati (schede tecniche) che l'impresa fornisce alla stazione appaltante sia in relazione ad una attività di market access sia in sede di formulazione della parte tecnica delle offerte, o ancora la previsione di un sistema di turnazione.
In tale prospettiva, appare opportuno, pertanto, l’utilizzo di un approccio metodologico idoneo a individuare le aree/processi a maggior rischio di corruzione, identificando il sistema dei presidi e dei controlli finalizzato alla prevenzione dei reati che tenga conto sì del Modello 231 predisposto, ma anche dei criteri suggeriti nei documenti pubblicati dall’ANAC. L’approccio che dovrebbe essere adottato dalle Società dovrebbe permettere l’individuazione dei fatti illeciti potenzialmente realizzabili e dei processi aziendali “strumentali” alla realizzazione del reato.
Tra le azioni da mettere in campo al fine di definire protocolli di prevenzione e controllo circa la commissione degli illeciti previsti dal D.Lgs. 231/01 nella fase che precede la pubblicazione di un bando di gara e/o l’apertura di una procedura competitiva, le imprese potrebbero a titolo esemplificativo: adottare una pec unica per tutte le comunicazioni da effettuarsi in fase pre-gara; nominare un responsabile con il compito di coordinare e monitorare le attività poste in essere dagli esponenti aziendali, relazionare sull’andamento delle stesse e segnalare agli organi amministrativi competenti e/o all’OdV eventuali violazioni; stabilire che tutti gli esponenti aziendali autorizzati a interloquire con le Stazioni Appaltanti debbano obbligatoriamente rendicontare al responsabile, con cadenza mensile, le attività poste in essere nel periodo di riferimento.
L’implementazione di questi protocolli aziendali permetterebbero un migliore controllo da parte della società su tutte le comunicazioni potenzialmente illecite, garantendo una maggiore trasparenza, ovvero una corretta individuazione dei soggetti autorizzati a intrattenere rapporti/contatti con le Stazioni Appaltanti.
Per rispondere a tali esigenze e presidiare questo tipo di rischi, occorre che le aziende si rivolgano a professionisti specializzati che implementino procedure efficaci che possano andare ben oltre l’adozione dei modelli organizzativi 231 a tutela dell’integrità e della reputazione aziendale.
I commercialisti e, più in generale, i professionisti dell'area economico-giuridica, svolgono un ruolo fondamentale di sentinelle della legalità negli ambiti aziendali … (continua)